mercoledì 12 maggio 2010

DARKEST DAYS - I GIORNI DELLA FINE, di Stanley Gallon, Urania Mondadori


Questo libro è troppo alto (ahinoi) nel caso avessimo un tavolino traballante, e nel contempo troppo leggero (ahinoi) per essere lanciato contro un leader politico che proprio non possiamo vedere, nel caso ce lo trovassimo davanti.

Meglio così, certe cose non si fanno.
Sono cose brutte.

Ma certi politicanti in questo libro fan di peggio.

Questo libro: se avete un figlio potreste darglielo da colorare, anche se di solito i piccoli preferiscono per i loro album dei formati assai superiori agli albetti Urania.

A proposito di bimbi: crescere un bimbo ti fa tornare bambino.

Certo, dopo che diventi genitore, non ricominci a fartela addosso e a parlare facendo versi (“per quello, ahimè, occorre diventare almeno nonni” dice una ficcante battuta letta da qualche parte, talmente orribile da non poterla dimenticare). Questo no.

Eppure qualcosa accade.

Sì, perché quando hai finito la terza media, se non sei proprio un tamarro di quelli raccontati in certe canzoni tipo Loris & Efrem dei Vallanzaska (oppure uno degli improbabili militari in carriera o politici yankee raccontati in questo romanzetto), non ti verrebbe mai in mente di andare a scatenare risse, anche solo verbali, ai giardinetti pubblici (o assassinare il tuo Presidente; ammucchiare cadaveri alla cazzo di cane in Campidoglio, come se un qualunque Jason di Venerdi 13 si trovasse a dover gestire una purga Staliniana; sovvertire la Costituzione; scatenare guerre atomiche in Sudan al solo scopo di dare modo al tenente Adam Burch di cavarsela uscendo indenne da sotto un fungo nucelare, tornando poi in America in autostop, e fa niente se c'è l'Atlantico di mezzo).

No, non ti verrebbe mai in mente di impegnarti in uno scontro ai giardinetti, a meno che tu non sia lì con la tua bimba di due anni e mezzo che non vede l'ora di andare sullo 'scillo' (trad. 'lo scivolo'), e una volta sul posto scopri che un gruppetto di bimbiminkia l'ha eletto a base strategica. Quindi: mozziconi, lattine sulla pedana, grumi di catarro che colano mollemente lungo la discesa dove speravi potessero transitare beate le terga della tua amata prole.

Ma il potere della parola ha sempre la meglio sull'istinto di distruzione. Soprattutto se è una parola idiota, e come si auspicava nel sessantotto si seppellisce il potere con una risata. Succede così in questo romanzo, anche se fare ridere non era probabilmente lo scopo principe dell'opera.

Domanda:

Ragazzino, si può sapere perché sputi sullo scivolo?

Risposta:

Perché ho l'apparecchio ai denti...

E subito dopo, SKRUAAAGH, giù un'altra, candida, beata scatarrata.

Per oggi niente scivolo, amore.

E via, a zonzo per il parco, in cerca di un chiosco che venda gelati. Sperando magari che anche il gelataio non abbia l'apparecchio ai denti, vedi mai che anche lui...

Di sicuro non saremo al parco Yellowstone, quello dell'orso Yoghi: all'inizio del romanzo è stato devastato da una catastrofica esplosione vulcanica, che poi scopriremo essere parte del complotto. E madre natura, quella bastarda, non risparmierà al povero Adam Burch nemmeno un attacco di lupi, ma vabbè.

Tornando alle cose serie, ossia al giretto con la bimba orfana dello scivolo scatarrato, ci si potrebbe sedere su una panchina, e magari mettersi a leggere qualcosa.

La cosa importante è che non sarà più questo libro, che altre parole non merita, e che se ne è meritate ben poche anche prima.

E l'aver perlopiù parlato d'altro, qui in sede di recensione, va considerato un gesto di pietà. Quella che l'autore non ha avuto per i lettori.

3 commenti:

  1. Anonimo12/5/10

    Si può accettare più facilmente un libro che uno stupratore di giardini con l' apparecchio.

    Almeno i bimbi non sanno leggere...

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  2. Il fornit12/5/10

    Vero! L'importante è che sappiano distinguere un grumo di catarro sullo scivolo...

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  3. una dele recensioni più belle che abbia mai letto!
    E purtroppo ho letto anche il libro in esame!!! Argh...

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